Quale livello di PS impostare

A cura di Enrico Bulleri

Gli effetti negativi e positivi di una pressione di supporto (PS) “alta” o “bassa” sono descritti in larga misura in letteratura [1-5]. Ad esempio, elevati livelli di supporto possono indurre effetti dannosi sul paziente ventilato: iperventilazione, iperinflazione che può causare sforzi inefficaci, frequente, associazione all’autociclaggio, frammentazione del sonno, disfunzione diaframmatica e apnea. Tuttavia, il carico di lavoro che induce affaticamento dei muscoli respiratori comporta la necessaria scelta di ridurre/attenuare lo sforzo attraverso impostazioni caratterizzate da elevato supporto del ventilatore.

Un supporto basso, di contro, può esporre i pazienti a: eccessivo affaticamento, ipoventilazione, eccessivo sforzo inspiratorio, intolleranza alla ventilazione non invasiva. Queste conseguenze, di fatto, vanificano il trattamento ventilatorio, tuttavia, la rimozione progressiva del PS è fondamentale durante lo svezzamento.

Si intuisce facilmente che la pressione di supporto, alta o bassa che sia, non è dannosa o curativa a priori, ma dipende dalle caratteristiche cliniche dell’assistito.

Una delle domande frequenti (a cui fatico dare una risposta semplice) è “quale livello di PS imposto?”. La difficoltà nella risposta deriva dalla consapevolezza che non è possibile standardizzare la PS e illudersi che questa possa andare bene per tutti. Ciò che per un paziente può essere considerato un supporto adeguato non è scontato, ovviamente, che lo sia anche per il vicino di letto. L’unica risposta sensata e sicura che si può dare a questa domanda è: “dipende principalmente dall’obiettivo clinico che vogliamo raggiungere (far riposare, far lavorare più intensamente o far mantenere uno sforzo respiratorio normale) e dalle caratteristiche meccaniche del sistema respiratorio con cui ci stiamo confrontando”.

Quindi, approfitto di questo post per presentare velocemente le variabili in gioco durante l’impostazione della PS, introducendo così un grosso capitolo che vedrà uno sviluppo futuro attraverso casi clinici mirati.

Partiamo!

Introduzione

La pressione di distensione del sistema respiratorio (Pd) è la forza che espande il torace ed è rappresentata durante respiro spontaneo dalla pressione muscolare (Pmusc), ovvero la forza esercitata dalla muscolatura respiratoria. Pmusc deve essere sufficiente a vincere le forze che si oppongono all’espansione del torace, rappresentate dal carico soglia, carico elastico e carico resistivo. Quanto detto è espresso schematicamente dalla seguente equazione:

Pd=Pmusc=carico soglia + carico elastico + carico resistivo

Il carico soglia è lo sforzo che i muscoli devono compiere per ridurre la pressione alveolare e iniziare la respirazione. In condizioni fisiologiche il carico soglia è assente o trascurabile. Se ci concentriamo su noi stessi, ad inizio inspirazione, ci accorgiamo che l’ingresso d’aria nei polmoni è immediato: non appena attiviamo la muscolatura si crea una differenza di pressione che genera un flusso. Ben diversa è la condizione per i pazienti con PEEP intrinseca (PEEPi): costoro, per generare un flusso inspiratorio, devono in prima istanza abbattere la pressione negli alveoli a fine espirazione.

Si porta ad esempio un paziente che presenta 10 cmH2O di PEEPi in cui, nonostante l’attivazione dei muscoli inspiratori, non si verifica un immediato ingresso di aria. I muscoli dovranno primariamente spendere energia per portare la pressione negli alveoli da 10 ad almeno -1 (considerando 0 cmH2O la pressione all’apertura orale) al fine di creare un gradiente pressorio e introdurre finalmente l’aria nei polmoni. Per i pazienti ostruttivi il carico soglia può rappresentare una grossa fetta di lavoro respiratorio.

Il carico elastico è rappresentato dalle forze di retrazione che contrastano l’aumento di volume dell’apparato respiratorio sopra capacità funzionale residua (FRC). La forza necessaria per vincere questo carico dipende dalla quantità di volume che è in grado di introdurre (maggiore è il volume, maggiore dovrà essere la forza impiegata) e dalla compliance del sistema respiratorio.

La compliance descrive la capacità del sistema respiratorio di espandersi (distensibilità), se la compliance si riduce significa che il sistema respiratorio è diventato più piccolo (come avviene nell’ARDS) o più rigido (se il problema è attribuibile al grado di motilità delle coste, come avviene ad esempio nel paziente scoliotico).

Per meglio spiegare quanto scritto utilizzo un esempio.

Due pazienti con lo stesso peso ideale di 75 kg ed entrambi inspirano 500 ml di volume. Marco ha una compliance di 100 ml/cmH2O, Luigi invece ha una compliance di 40 ml/cmH2O: Luigi dovrà utilizzare una forza maggiore rispetto a Marco per introdurre il volume nell’apparato respiratorio. Se questo lavoro non sarà sostenibile nel tempo, l’unica opzione che ha Luigi per “faticare” di meno sarà ridurre il volume tidalico, con possibile conseguente ipoventilazione e potenziale sviluppo di un’insufficienza respiratoria.

Infine, il carico resistivo rappresenta la forza necessaria a far scorrere l’aria nelle vie aeree ed è direttamente proporzionale alle resistenze delle vie aeree e alla velocità con cui si vuole introdurre l’aria (ovvero il flusso). Maggiori sono le resistenze e/o il flusso, maggiore sarà la forza da spendere per introdurre il volume.

Quando i muscoli respiratori sono affaticati e/o i carichi di lavoro diventano troppo elevati per essere sostenuti a lungo, si deve necessariamente aiutare il paziente. Uno degli obiettivi della ventilazione meccanica è proprio quello di alleggerire il lavoro respiratorio, facendolo svolgere totalmente (come nelle ventilazioni controllate) o in parte (nel caso delle ventilazioni assistite) al ventilatore. L’equazione vista in precedenza può, durante ventilazione a pressione di supporto, essere riscritta nel seguente modo:

Pd = Pmusc + PAW = carico soglia + carico elastico + carico resistivo

Quando si collega un paziente al ventilatore, la pressione di distensione non è più generata solamente dai muscoli, ma dai muscoli + la pressione applicata dal ventilatore. Si può assistere a situazioni in cui il paziente (Pmusc) svolge l’80% del carico respiratorio mentre il ventilatore il 20%, oppure situazioni opposte in cui il ventilatore svolge l’80% del carico respiratorio ed il paziente il 20%. Questo è possibile con l’impostazione di una pressione di supporto che ci consente di modulare l’assistenza inspiratoria.

Cos’è la pressione di supporto?

La pressione di supporto (PS) è una pressione positiva costante erogata dal ventilatore durante l’inspirazione del paziente e che si attiva se è in grado di innescare il trigger. Si ricorda che l’attivazione del trigger da parte del paziente è caratterizzato da una deflessione sulla curva di pressione/tempo e, laddove sia assente in presenza di erogazione della PS significa che il ventilatore sta autociclando.

Sincronizzare una pressione positiva durante l’inspirazione del paziente consente di alleggerire lo sforzo che i muscoli devono effettuare per contrastare le forze che si oppongono all’espansione del sistema respiratorio, nello specifico il carico elastico e il carico resistivo [6].

Take home message

La PS può alleggerire il carico elastico ed il carico resistivo, non può nulla contro il carico soglia.

Quale valore si deve impostare

Qui iniziano le note dolenti…e ripeto che NON ESISTE un valore corretto o sbagliato a priori perché dipende dall’obiettivo che si vuole raggiungere, dalle caratteristiche del sistema respiratorio (dalle quali dipenderà lo sforzo che il paziente deve sostenere) e dall’attività muscolare impiegata in quel momento.

Take home message

Un determinato valore di supporto può avere effetti diversi in sistemi respiratori differenti.

Si porta un nuovo esempio con due pazienti che presentano lo stesso peso ideale: entrambi ventilano in Pressure Support Ventilation (PSV) PEEP 8cmH2O PS 8cmH2O.

Paziente 1: Compliance = 80 ml/cmH2O, Resistenza = 5 cmH2O/L/s.

Il volume e il flusso inspiratorio nel momento del tempo inspiratorio preso in esame per i calcoli (dopo 0.4 sec dall’inizio inspirazione) è rispettivamente 400 ml e 40 L/min.

Carico elastico= VT/C = 5 cmH2O; carico resistivo = R x Flow= 3.3 cmH2O

Paziente 2: Compliance = 40 ml/cmH2O, Resistenza = 10 cmH2O/L/s

Il volume e il flusso inspiratorio nel momento del tempo inspiratorio preso in esame per i calcoli (dopo 0.4 sec dall’inizio inspirazione) è rispettivamente 300 ml e 50 L/min.

Carico elastico= VT/C = 7.5 cmH2O; Carico resistivo= 8.3 cmH2O

Nel momento d’osservazione, un supporto di 8 cmH2O sta sgravando nel paziente 1 l’ 96% del carico elastico e resistivo mentre nel paziente 2 solo il 51%.

Come si può intuire è piuttosto complicato (per non dire impossibile) calcolare la pressione di supporto tenendo in considerazione tutte le variabili in gioco, motivo per cui nella pratica clinica la pressione di supporto è impostata in modo empirico. In base alla risposta del paziente (segni di sovra o sotto assistenza) verranno poi effettuati gli aggiustamenti necessari al raggiungimento dell’obiettivo. Possiamo identificare grossolanamente 3 obiettivi durante la ventilazione assistita: far riposare i muscoli, mantenere una normale attività dei muscoli durante l’inspirazione o far lavorare in modo più intenso.

I dati oggettivi e soggettivi che possono aiutare a capire se stiamo andando nella direzione giusta sono: frequenza respiratoria, volume corrente, P 0.1, Pmusc predetta, flow index, pressure muscle index, swing della pressione esofagea, l’utilizzo della muscolatura accessoria e la dispnea. Per un ripasso su come monitorare lo sforzo inspiratorio attraverso qualche misura di meccanica respiratoria clicca qui e leggi il post.

Se troviamo il livello di supporto adeguato e riusciamo a gestire lo sforzo dei muscoli respiratori abbiamo finito il nostro lavoro? Ovviamente no! Per tutta la durata della ventilazione si deve tenere alta l’attenzione su alcuni punti fondamentali, trasversali a tutte le modalità di ventilazione e quindi anche durante PSV. Queste clinical challenge sono: prevenire il danno polmonare indotto dal ventilatore (VILI o P-SILI), prevenire la disfunzione del diaframma indotta dalla ventilazione (VIDD), garantire una buona sincronia paziente-ventilatore, ottimizzare lo scambio gassoso nei pazienti ipossiemici, favorire uno svezzamento precoce dalla ventilazione. [7]

Con la consapevolezza di non poter essere esaustivo con un solo post, spero di aver almeno reso l’idea di quante variabili sono in gioco e di quanto ragionamento si nasconde dietro l’impostazione della PS adeguata. Non è sicuramente facile la vita di chi vuole impostare una pressione di supporto in modo sistematico, la speranza è che possa contare su un infermiere in grado di monitorare attentamente l’interazione paziente-ventilatore e segnalare precocemente variazioni del pattern respiratorio che ci allontanano dall’obiettivo clinico.

Come detto più volte l’impostazione della ventilazione meccanica è come un vestito su misura. Purtroppo (o per fortuna) dobbiamo lasciare le ricette magiche al nostro barman di fiducia (che saluto con affetto).

Seguiranno in futuro esempi più specifici sull’utilizzo della PSV nelle varie patologie. Questo potrebbe aiutare a comprendere a fondo le insidie e le opportunità che questa logica di ventilazione (tutt’altro che banale) ha da offrire.

Un caloroso saluto a tutti

Enrico Bulleri

BIBLIOGRAFIA

  1. Mirabella L, Cinnella G, Costa R, Cortegiani A, Tullo L, Rauseo M, Conti G, Gregoretti C. Patient-Ventilator Asynchronies: Clinical Implications and Practical Solutions. Respir Care. 2020 Nov;65(11):1751-1766. doi: 10.4187/respcare.07284. Epub 2020 Jul 14. PMID: 32665426.
  2. Pletsch-Assuncao R, Caleffi Pereira M, Ferreira JG, Cardenas LZ, de Albuquerque AL, de Carvalho CR, et al. Accuracy of invasive and noninvasive parameters for diagnosing ventilatory overassistance during pressure support ventilation. Crit Care Med. 2018;46(3):411–417
  3. Hooijman PE, Beishuizen A, Witt CC, et al.: Diaphragm muscle fiber weakness and ubiquitin-proteasome activation in critically ill patients. Am J Respir Crit Care Med. 2015; 191:1126–1138.
  4. Goligher EC, Fan E, Herridge MS, et al.: Evolution of diaphragm thickness during mechanical ventilation. Impact of inspiratory effort. Am J Respir Crit Care Med. 2015; 192:1080–1088.
  5. Cohen CA, Zagelbaum G, Gross D, Roussos C, Macklem PT. Clinical manifestations of inspiratory muscle fatigue. Am J Med. 1982;73(3):308–316.
  6. Cabello B, Mancebo J. Work of breathing. Intensive Care Med. 2006 Sep;32(9):1311-4. doi: 10.1007/s00134-006-0278-3. Epub 2006 Jul 13. PMID: 16838150.
  7. Goligher EC, Ferguson ND, Brochard LJ. Clinical challenges in mechanical ventilation. Lancet. 2016 Apr 30;387(10030):1856-66. doi: 10.1016/S0140-6736(16)30176-3. Epub 2016 Apr 28. PMID: 27203509.

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